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Lug

Cerreto di Spoleto: le lettere di Alessandro De Nobili (1917-1918) pubblicate grazie al progetto del Consorzio BIM

Articolo disponibile anche in Inglese – English

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Alessandro De Nobili. Collezione Nicola Tella.

Alessandro De Nobili, chiamato in famiglia con il diminutivo di Sandro, figlio di Prefazio e di Scolastica Argentieri, è uno dei 1400 giovani telegrafisti che morirono durante la Prima guerra mondiale.

Una piccola scatola di cartone ovale – conservata dalla famiglia di Nicola Tella, pronipote di Sandro – contiene tutto ciò che rimane della sua breve vita: lettere e cartoline postali che hanno quasi cento anni e la capacità di far diventare reale, concreto e presente un tempo lontano, un tempo drammatico, quello della Grande Guerra.

Le lettere raccontano la storia di un ragazzo di diciotto anni, orfano di padre dall’età di sette anni, unico maschio di tre figli in un contesto sociale e culturale in cui avere eredi di sesso maschile era considerato ancora rilevante. Sandro cresce con la mamma e le due sorelle – Carola e Bianca – a Borgo Cerreto, piccola frazione del comune di Cerreto di Spoleto, in provincia di Perugia.

Nel giugno del 1917, quando Sandro riceve il richiamo alle armi, è appena stato licenziato dal V ginnasio del ‘Regio Liceo Pontano Sansi’ di Spoleto, dopo aver sostenuto gli esami di riparazione in italiano, matematica, latino e greco. Non brilla negli studi, è appena sufficiente, ma ha una condotta ineccepibile ed estremamente rispettosa nei confronti delle istituzioni e delle persone, caratteristica che ritroveremo anche durante l’esperienza militare. Sandro ha un fisico minuto: lo deduciamo dal foglio matricolare dove risulta la sua altezza di 1 metro e 62 centimetri ed un torace di 81 centimetri che, in ogni caso rispettano i parametri del tempo. Ha capelli castani e lisci; occhi castani; un naso definito ‘greco’; mento regolare; dentatura sana  e colorito roseo. Caratteri fisici che ritroviamo nel dipinto che lo ritrae e che tuttora è  conservato dalla famiglia nella casa di Borgo Cerreto.DSC_0826

La famiglia di Sandro è benestante ed influente. Il ramo materno appartiene alle antiche e illustri famiglie di Norcia;  lo zio Giovan Battista Argentieri Scarduzzi, detto Titta, è sindaco di Cerreto di Spoleto mentre un altro zio Vittorio Argentieri è un avvocato che pur vivendo a Roma non ha tagliato i ponti con il luogo d’origine tant’è che è consigliere del comune di  Norcia oltre che consigliere della Provincia  dell’Umbria ed è tenuto in considerazione dal deputato di riferimento del territorio di Spoleto e della Valnerina, l’on. Carlo Schanzer, quest’ultimo amico intimo di Giolitti, oltre che ministro delle poste e telegrafi dal 1906 al 1909.

Dall’epistolario del giovane Sandro, emerge  un attaccamento molto forte alla sua famiglia e in particolare alla mamma anche se sorprende la formalità d’altri tempi nell’inviare i saluti al termine di ogni suo scritto: «Saluta tutti, bacia le care sorelle, a te ti chiedo la S. Benedizione tuo Affezionatissimo figlio Sandro»  ma, qua e là, emerge l’affetto «mammetta cara» e la nostalgia per la propria famiglia, la  casa e il paese di origine.

L’epistolario ha una importanza storica e documentaristica poiché è la testimonianza di un evento storico eccezionale – la Prima guerra mondiale – vista con gli occhi di un giovane appartenente alla borghesia della Valnerina, con una famiglia fornita di numerose e ben ramificate amicizie, che cerca di utilizzare a proprio vantaggio. Sembra di leggere le lettere che Giovanni Comisso, anche lui arruolato, seppure come volontario, nel 3° genio telegrafisti, scrisse dal fronte, o meglio dalle retrovie, ai genitori durante i lunghi anni della Grande Guerra, un vero e proprio diario di cui Comisso si servì per i suoi libri, in particolare Giorni di Guerra (1930) e Le mie Stagioni (1925), e in cui la guerra viene vissuta come vacanza, come evasione, come avventura dato che il protagonista vede la guerra da lontano, dalle retrovie e non rinuncia ai suoi piccoli comforts: un letto con le lenzuola, le maglie di lana, i buoni cibi della mamma e soprattutto raccomandazioni per avere posti comodi nelle retrovie.  A differenza di Sandro, Comisso, accetterà di seguire il corso da ufficiali e, da graduato, vivrà l’esperienza della rotta di Caporetto e della battaglia di Vittorio Veneto.

Scolastica Argentieri e Prefazio De Nobili. Collezione Nicola Tella.

Scolastica Argentieri e Prefazio De Nobili. Collezione Nicola Tella.

Le lettere di Sandro De Nobili  non raccontano battaglie, eroismi, pagine epiche: raccontano la normalità di una famiglia che viene stravolta dalla partenza del figlio per il fronte. Sandro desidera fare il telegrafista e  compiere così il suo dovere verso la Patria anche se – come emergerà dalle lettere – andare a fare la guerra non lo esalta anzi, con grande spirito di rassegnazione, spera di tornare presto a casa per riprendere gli studi e la sua vita da borghese.

Le lettere di Sandro, sicuramente ripetitive e volte a rassicurare la famiglia, in realtà, sono in grado di tradire qua e là informazioni e profonde emozioni: l’iniziale speranza di realizzare il suo sogno di ragazzo e diventare un bravo telegrafista con il passare del tempo lascia il posto ad una rassegnata consapevolezza dell’evento che lo sta travolgendo. Pur di sopravvivere è disposto ad accettare compromessi e accontentarsi di diventare postino del reggimento. La disperazione, infine, farà saltare ogni suo sogno, al punto che lo spingerà ad  affermare in una delle sue ultime lettere «sta tranquilla, che al primo buco che ci sarà m’intano».

Anche per Sandro scrivere lettere o ricevere posta ha l’effetto di una terapia, diventa un modo di autoconservazione, di alleviare il dolore della lontananza e le difficoltà del presente. Si spiega così il bisogno quasi ossessivo di ricevere posta, testimoniato tanto abbondantemente ed espresso non di rado con un’ostinazione altrimenti difficile da spiegare. Le lettere per Sandro, come per tutti i soldati, sono un bisogno primario, poiché costituiscono la continuità con la propria esistenza prima della guerra, con la propria famiglia e con la propria comunità.

Nelle sue lettere Sandro non racconta molto, solo cenni di quello che accade perché è ben consapevole della censura e delle rigide prescrizioni della posta militare:

 

«1) NON scrivere lettere di oltre quattro pagine.

2) NON usare buste foderate.

3) NON usare linguaggio convenzionale, cifre, segni, ecc.

4) NON dimenticare l’indicazione del tuo nome, cognome e reparto.

5) NON PARLARE DI COSE DI GUERRA.

6) NON indicare il luogo dove sei.

7) NON mandare fotografie o cartoline dei Paesi della zona di guerra.

8) NON mettere soldi nelle lettere.

9) NON impostare nella POSTA BORGHESE».

 

Da sinistra: Bianca, Alessandro e Carola De Nobili. Collezione Nicola Tella.

Da sinistra: Bianca, Alessandro e Carola De Nobili. Collezione Nicola Tella.

Nelle lettere c’è anche una forma di autocensura per rassicurare e autorassicurarsi, per fare coraggio e darsi coraggio. Nominare le proprie paure significa dargli forza, mentre l’obiettivo è quello di superarle anche perché non vi è altra scelta e, pertanto, è inutile impensierire la famiglia.

L’epistolario racconta la parabola quotidiana di Sandro: il suo viaggio verso la destinazione militare, l’addestramento per diventare telegrafista, i preparativi per andare in prima linea, tutto come se fosse una avventurosa gita adolescenziale. Ma poi arriva la rotta di Caporetto, i bombardamenti su Padova alla fine del 1917, la ricerca vana di un aiuto per rimanere ‘più al sicuro possibile’ ossia  al Comando Supremo stabilitosi dopo la ritirata ad Abano Terme. Dalle lettere si intuisce il ritorno a casa in licenza e, infine, la morte sul monte Grappa, il monte che dopo la Grande Guerra diventerà  Sacro alla Patria.

Ogni lettera, ogni cartolina trasmettono una sensazione forte perché, nel leggerle, si possono immaginare le emozioni provate da chi scriveva e da chi riceveva quegli scritti, così pacati, così privati, così normali. In tutto sono  176 lettere/cartoline e sono state scritte da  Sandro non solo per mantenere un legame con la propria famiglia ma soprattutto per tranquillizzare la mamma descrivendole la sua avventura militare che solo apparentemente sembra vissuta con profonda inconsapevolezza, rassegnazione e fatalismo.

Sicuramente un’avventura più grande di Sandro, ragazzo del ’99, che a distanza di cento anni, con la sua raccolta epistolare, ci aiuta a capire i semplici pensieri di un adolescente scaraventato in un’impresa di guerra dalle proporzioni mondiali.

 

(A cura di Rita Chiaverini)

 

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